NALA DI SCIUPI'
LoBg 1245

La cavità è nota da sempre ai locali grazie al suo ampio ingresso a dolina-scivolo, ma la prima esplorazione (su scalette) sembra sia da attribuire al Gruppo Speleologico Bergamasco, poi confluito nel G.S.B. Le Nottole. Le ricerche erano coordinate da Rocco Zimbelli, il quale tentò anche una colorazione con coloranti chimici che vennero alla luce nella sottostante Büs de Algàse.

Per alcuni anni girarono strane dicerie su fantomatiche congiunzioni a voce o addirittura fisiche tra le due grotte, grazie anche all’assenza di rilievo per quanto riguarda la Nala di Sciupì.

Nell’anno 1989 Le Nottole decisero di rilevare la grotta tentando nel contempo di incrementarne lo sviluppo lavorando sul sifoncino terminale. I duri (e rumorosi) lavori di disostruzione permisero di bypassare dall’alto il sifoncino, solo per ricascare in una saletta allagata dalle dimensioni insignificanti. Tra l’altro in tale occasione si arrivò all’inconvertibile conclusione che era impossibile, per chi si trovava al Büs de Algàse, ascoltare alcun suono proveniente da Sciupì. La risalita di un camino (Risalita del figo d’India) posto prima della sala allagata, porta in una saletta concrezionata contenente una bella pisolite del diametro di 18 mm (ora purtroppo rubata), mentre in alto una strettoia in risalita penetra in un meandro sospeso (Meandro retroverso); questo traversa un P5 sovrastato da un grosso camino e prosegue alto e stretto in leggera risalita sino a chiudersi in frattura dopo circa 40 metri. Il salendo il camino superiore si arriva ad una sala detta del Triviodalla quale si può giungere o ad un rametto concrezionato o alla “Risalita delle radici”, a pochi metri dalla superficie.

All’inizio del 1994 la collaborazione SCO e Nottole porta al completamento del rilevamento topografico della cavità. Nell’occasione si tentò ancora un’inutile risalita verso un notevole arrivo d’acqua comunicante col pozzo d’ingresso (risalita dei fix sprecati).
Dal computo finale risultano circa 400 mt di sviluppo reale, circa 200 mt di sviluppo in pianta e un dislivello dall’ingresso al fondo di 92 mt. Il ramo di risalita ritorna praticamente alla stessa quota dell’ingresso partendo da -80 mt.

Note morfologiche

L’intera cavità (scavata nella dolomia principale) è impostata su una grossa frattura orientata verso NNE, parallela all’andamento del Büs de Algose, ma si sviluppa in direzione opposta. Si può ipotizzare che il collegamento idrico avvenga tramite una zona satura posta a quota 850 slm (alla stessa quota c’è l’ingresso del Büs de Algose); in pianta ci sono circa 200 mt di distanza tra i due fondi.
Una dolina del diametro di circa 20 mt conduce tramite uno scivolo colmo di rifiuti all’ingresso della rotta (942 slm) e dopo pochi metri al maestoso pozzo da 70 mt che la caratterizza. Traversando in alto, dentro il meandro, si riesce ad armare con un tiro unico l’intera verticale; oppure ci sono diverse alternative d’armo, tutte spettacolari e necessari poiché in caso di grosse precipitazioni l’acqua nebulizzata potrebbe dare seri problemi di respirazione.
Alla base del pozzo ci si immette in un mandrino attivo tempestato di fungilli, che dopo pochi metri conduce alla sala della risalita del Figo d’India (corda in alto a destra). Il meandrino prosegue in basso tramite passaggi disagevoli e bagnati, spezzato solo da un pozzetto di 6 mt, fino al punto più basso della cavità. La risalita dei fix sprecati non è armata mentre il ramo in risalita è completamente armato ma con materiale la cui affidabilità è tutta da verificare.